di Susanna Grenzing
Secondo racconto del maestro Odo Tinteri La signora Ivana
I primi anni che aprii lo studio in Salita Pollaiuoli, mi capitò spesso di incontrare la signora Ivana. Non si poteva non farle scorrere gli occhi addosso per sfiorare con istinto di desiderio i suoi loquaci fianchi ed il seno offerto generosamente in una scollatura ampia, a chi avesse avuto voglia di buttarvi dentro gli occhi.
La signora era la collaboratrice dell’agente immobiliare appena arrivato, in zona. Sempre in giro a fiutare affari. Sorridente, cordiale ed anche quando la si interpellava per motivi di lavoro, non tralasciava mai di dare ferve all’ incontro, con allusioni che promettevano altro. Questo succedeva con gli uomini che le mostravano interesse. Quando entrava dal macellaio, le battute di scherzo simpatico, non mancavano mai. Guardava la merce e poi con fare civettuolo, usciva con- un- me lo faccia avere a casa- – Dal fruttivendolo, aspettava il momento che non ci fosse la moglie, sceglieva e chiedeva, se voleva farle avere la merce a domicilio. Col pescivendolo faceva altrettanto. Il motivo poteva sembrare non volesse portarsi dietro le borse della spesa. Ma a quanto pare gli interessati ricevevano messaggi criptati poco chiari, ma sufficienti per assecondare la bella signora. Mi par di vedere il macellaio salire le scale di via Giustiniani fino al sesto piano. E così pure il pescivendolo che, qualche anno su le spalle, ce l’aveva. Trattando di appartamenti da affittare e da vendere, molti erano gli operai che dovevano avere a che fare con la Signora. A quanto pare le lusinghe dovevano servire a non pagare il conto o a spostarlo nel tempo, ma tanto lungo, che si dimenticasse. Quando fu il momento dell’architetto, la storia divenne complicata. Salis, era alle prime armi, anche se preparato. Non era una grande bellezza, ma era convinto di poter fare strage di femmine. Fin dai primi incontri, mi confessò che la signora lo intrigava molto. Parlava, con lui, del pessimo rapporto sentimentale col marito e dell’ incomprensione, facendo indovinare bisogno di tenerezza, ma non solo. Salis entrò subito nel ruolo del corteggiatore spasimato. Lei soffiava su quella fiamma per avere prestazioni professionali pronti e senza pecunia. Quando il momento sembrava maturo Salis, cominciò a confessare qualche desiderio irrefrenabile, ma tutto finiva con una carezza ed un-arriverà il momento-. Ma l’illusione, come le nuvole gravide di pioggia finirono per provocare un’alluvione. Salis non stava più nella pelle, era sempre irrequieto. Quando lo vedevo era sempre in attesa di incontrare lei o di cercare di vederla. Siccome, quando la Signora passava in laboratorio, esprimeva pareri benevoli sulle mie ceramiche, Salis volle sapere quale o quali avrebbe dovuto acquistare per farne a lei gradito dono. Devo confessare che anch’io ho corso il rischio di cadere in trappola. La mia curiosità era stata bloccata in anticipo da un istinto di difesa. Salis invece sembrava d’aver trovato il catalizzatore giusto per la sua mascolinità poco espressa. Non passò troppo tempo che i malumori cominciarono a circolare in zona. La signora Ivana cominciò a girare con le borse e lo scontrino, dopo aver cambiato tutti i negozi del centro storico. Anche il tono di voce sembrava meno spavaldo. I negozianti al suo passare, non stavano a perder le bave sulla sua sempre elegante ed attraente figura ma borbottavano qualcosa che la Signora doveva comprendere. La voce che descriveva il suo agire diventava eco fra le vie strette della zona. Il sorriso sembrava adeguarsi alle ombre dei palazzi in controluce. Il mio amico architetto cominciò a dubitare dei discorsi della Ivana e a percepire qualche senso di delusione oltre che di frustrazione. Quando ne parlò, in parte, con me, non seppi che rispondere. L’unica domanda che mi venne fu_ Ma te l’hai mai scopata?. Mi resi conto della violenza della mia domanda, ma non mi era venuto altro di immediato e chiaro. Salis, cercò delle risposte e balbettando mi disse che mi avrebbe raccontato. Capìi che c’era dell’altro. Si accese una sigaretta, credo la prima che gli avessi visto fumare. E mi disse –Puttana Eva è che mi ha fatto fare un impegnativa per un acquisto .. mi ha messo nei casini.. Le parole che seguirono furono tante e confuse. Capii che l’aveva infinocchiato. Non volevo credere alle mie orecchie. Non passò troppo tempo che non vedevo più in giro la Signora Ivana. Incontrando Salis, volli farmi chiarire i dubbi in merito. La risposta fu secca- e’ sparita, l’ufficio è chiuso e non c’è neanche quello, che diceva fosse suo marito, che, aggiunse- non è neanche suo marito- Continuavo a non capire. La donna più bella del quartiere, la più desiderata, la più corteggiata aveva messo le ali ed era sparita. Non siamo mai riusciti a sapere che altri danni avesse fatto, oltre ai debiti, non più nascosti del macellaio, del pescivendolo, del fruttivendolo, del fabbro, dell’elettricista, dell’idraulico del muratore, del trasportatore e di altri che come disse il fabbro, costituivano -il club delle beline abbelinate-. Fra questi c’era il mio amico Salis, che doveva amaramente distruggere i castelli fantasiosi ed i sogni erotici senza confine. La signora era sparita col suo profumo inebriante ma aveva lasciato grande memoria di se negli uomini, cacciatori di prede proibite. Il Macellaio per non dimenticare appese un cartello con scritto: – NON SI FA CREDITO ALLE GRAN FIGHE, SE NON SONO BAGASCE. Il fruttivendolo aggiunse, scritto in piccolo – almeno lo dicano subito- Pochi erano in grado di capire lo sfogo. La moglie del fruttivendolo, volle subito, che lo si togliesse, per non dover spiegare la brutta figura-come disse- di questi belinoni patentati.-